ROMA, 28 ottobre 2014 (www.avvenire.it) Un Sud a rischio desertificazione umana e industriale, dove si continua a emigrare (116mila abitanti nel solo 2013), non fare figli (continuano nel 2013 a esserci più morti che nati), impoverirsi (+40% di famiglie povere nell'ultimo anno) perchè manca il lavoro (al Sud perso l'80% dei posti di lavoro nazionali tra il primo trimestre del 2013 e del 2014); l'industria continua a soffrire di più (-53% gli investimenti in cinque anni di crisi, -20% gli addetti); i consumi delle famiglie crollano di quasi il 13% in cinque anni; gli occupati arrivano a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977 e la disoccupazione corretta sarebbe del 31,5% invece che il 19,7%. È quanto emerge dal Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2014 presentato oggi al Tempio di Adriano. Ecco i punti fondamentali del Rapporto.
PIL - Il prodotto nazionale è previsto a -0,4%, quale risultato tra la stazionarietà del Centro-Nord (0%) e la flessione del Sud (-1,5%). Per il 2014 i consumi si prevedono ancora negativi al Sud (-0,6%) e in debole risalita al Centro-Nord (+0,1%). Continuano a flettere gli investimenti, sempre molto di più al Sud che al Centro-Nord (rispettivamente -4,2% a fronte di -1,5%). Forbice ancora divaricata nel 2015: il Pil nazionale secondo le stime Svimez è previsto a +0,8%, quale risultato tra il positivo +1,3% del Centro-Nord e il negativo -0,7% del Sud. In termini di pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2013 è sceso al 56,6% del valore del Centro Nord, tornando ai livelli del 2003, con un pil pro capite pari a 16.888 euro. In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 25.457 euro, risultante dalla media tra i 29.837 euro del Centro-Nord e i 16.888 del Mezzogiorno. La regione più povera è la Calabria, con 15.989 euro. Il divario tra la regione più ricca (la Valle d'Aosta) e la più povera è stato nel 2013 pari a 18.453 euro: in altri termini, un valdostano ha prodotto nel 2013 oltre 18mila euro in più di un calabrese.
Nel solo 2013 sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia, di cui 282mila al Sud. La nuova flessione riporta il numero degli occupati del Sud per la prima volta nella storia a 5,8 milioni,
sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche basi di dati.
Al Sud sono una giovane donna su cinque ha un lavoro ed in generale l'occupazione femminile si ferma al 33%.
fonte: www.avvenire,it
martedì 28 ottobre 2014
giovedì 17 aprile 2014
Detesto l’espressione “i panni sporchi si lavano in famiglia!”
“E’ primavera: nell’Italia del Sud il sole splende, il cielo è blu, il clima è mite e l’aria profuma di fiori. Il cibo è buono, il vino costa poco, la gente è cordiale e la bellezza è dovunque. Ma dove sono i turisti?”. I turisti, spiego, non ci sono.... (continua)
Detesto l’espressione “i panni sporchi si lavano in famiglia!”
sabato 15 marzo 2014
sabato 8 marzo 2014
Corte dei conti: il fisco penalizza il Sud
Roma, 6 mar. 2014 ( Avvenire.it ): "La forza trainante sulla pressione fiscale complessiva, passata dal 38 al 44% appare imputabile per oltre i 4/5 alle entrate locali. La quota di queste su quelle della P.A si è più che triplicata (dal 5,5% al 15,9%)". Lo ha affermato il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri audito in Parlamento riferendosi al periodo 1990-2012.
"Il ricorso alla leva fiscale è molto differenziato sul territorio con una 'regola distorsiva' che penalizza i territori con redditi medi più bassi ed economie in affanno", ha aggiunto Squitieri, evidenziando che Irap e addizionali Irpef ''sono mediamente più alte nel Mezzogiorno''.
"Il ricorso alla leva fiscale è molto differenziato sul territorio con una 'regola distorsiva' che penalizza i territori con redditi medi più bassi ed economie in affanno", ha aggiunto Squitieri, evidenziando che Irap e addizionali Irpef ''sono mediamente più alte nel Mezzogiorno''.
domenica 2 marzo 2014
Puglia e Basilicata fra le più povere nell'Unione europea
Bruxelles, 2 mar. 2014 ( La gazzetta del mezzogiorno ) - Bolzano resta la più ricca d’Italia, ma scivola all’ultimo posto della top 20 delle regioni europee con il pil pro capite più alto nel 2011, dove da anni il primato è detenuto da Londra. La Campania si conferma invece la più povera della Penisola e, sempre insieme a Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata, fa parte delle regioni più svantaggiate d’Europa, dove la maglia nera continua comunque a essere di Bulgaria e Romania.
È la fotografia, piuttosto stabile nel tempo, che emerge dagli ultimi dati Eurostat. Questi, però, sul medio periodo, con l’arrivo della crisi, evidenziano sia a livello italiano che europeo una tendenza all’aumento della povertà. Posto uguale al 100% il pil procapite medio Ue espresso in termini di potere d’acquisto (Spa), se il numero di regioni più benestanti con un pil superiore al 125% sono tendenzialmente rimaste stabili nel tempo (circa 41 dalla seconda metà degli anni 2000), quelle più in difficoltà, cioè con un pil inferiore al 75%, sono invece aumentate progressivamente, passando dalle 65 del 2009 a 68 nel 2010 sino a 75 nel 2011.
La stessa Italia ha visto crescere da 4 a 5 il numero delle sue regioni sotto il 75%: a Campania, Calabria (che nel tempo si sono contese la «maglia nera» italiana), Sicilia e Puglia, si è aggiunta nel 2010 la Basilicata. E sempre nel 2010 è sceso da 4 a 3 il numero di quelle più ricche (ovvero sopra il 125%): Bolzano, Lombardia e Val d’Aosta hanno perso l’Emilia-Romagna.
Bolzano, invece, ha scalato le classifiche e, dopo aver staccato la Lombardia nel 2008, è entrata nel 2009 al 19esimo posto delle 20 aree più ricche d’Europa. Posizione mantenuta per due anni e persa nel 2011 a favore di Salisburgo; un sorpasso che ha fatto scivolare la città-provincia alla 20esima posizione (pil al 147%). Nel 2011 Lombardia e Val d’Aosta si sono assestate al 132%, l’Emilia al 125% e Trento al 122%.
Al Sud, dove il pil pro capite continua a restare in media quasi la metà di quello delle regioni del Nord Ovest ed Est (rispettivamente 67% contro 124% e 122%), nel 2011 la Campania registra 63%, la Calabria il 64%, la Sicilia il 65%, la Puglia il 67% e la Basilicata il 71%.
L'impatto della crisi si vede anche sulle zone più ricche d’Europa: la stessa area di Londra, da sempre al top della classifica, ha visto scendere il suo pil dal 343% del 2008 al 321% del 2011, mentre Lussemburgo, al secondo posto, è passata dal 279% al 266%. La regione di Bruxelles capitale, invece, è rimasta stabile in terza posizione oscillando intorno al 222% (2011).
È la fotografia, piuttosto stabile nel tempo, che emerge dagli ultimi dati Eurostat. Questi, però, sul medio periodo, con l’arrivo della crisi, evidenziano sia a livello italiano che europeo una tendenza all’aumento della povertà. Posto uguale al 100% il pil procapite medio Ue espresso in termini di potere d’acquisto (Spa), se il numero di regioni più benestanti con un pil superiore al 125% sono tendenzialmente rimaste stabili nel tempo (circa 41 dalla seconda metà degli anni 2000), quelle più in difficoltà, cioè con un pil inferiore al 75%, sono invece aumentate progressivamente, passando dalle 65 del 2009 a 68 nel 2010 sino a 75 nel 2011.
La stessa Italia ha visto crescere da 4 a 5 il numero delle sue regioni sotto il 75%: a Campania, Calabria (che nel tempo si sono contese la «maglia nera» italiana), Sicilia e Puglia, si è aggiunta nel 2010 la Basilicata. E sempre nel 2010 è sceso da 4 a 3 il numero di quelle più ricche (ovvero sopra il 125%): Bolzano, Lombardia e Val d’Aosta hanno perso l’Emilia-Romagna.
Bolzano, invece, ha scalato le classifiche e, dopo aver staccato la Lombardia nel 2008, è entrata nel 2009 al 19esimo posto delle 20 aree più ricche d’Europa. Posizione mantenuta per due anni e persa nel 2011 a favore di Salisburgo; un sorpasso che ha fatto scivolare la città-provincia alla 20esima posizione (pil al 147%). Nel 2011 Lombardia e Val d’Aosta si sono assestate al 132%, l’Emilia al 125% e Trento al 122%.
Al Sud, dove il pil pro capite continua a restare in media quasi la metà di quello delle regioni del Nord Ovest ed Est (rispettivamente 67% contro 124% e 122%), nel 2011 la Campania registra 63%, la Calabria il 64%, la Sicilia il 65%, la Puglia il 67% e la Basilicata il 71%.
L'impatto della crisi si vede anche sulle zone più ricche d’Europa: la stessa area di Londra, da sempre al top della classifica, ha visto scendere il suo pil dal 343% del 2008 al 321% del 2011, mentre Lussemburgo, al secondo posto, è passata dal 279% al 266%. La regione di Bruxelles capitale, invece, è rimasta stabile in terza posizione oscillando intorno al 222% (2011).
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